...il solo sapere che un buon libro sta aspettando alla fine di una lunga giornata rende quella giornata più felice...

Kathleen Norris

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martedì 23 marzo 2010

CAPITOLO 1 - OLTRE LO SPECCHIO


Swan Hill, Alberta, Canada. 15 gennaio 1976


“Il cadavere è stato trovato del fosso della Southview Ave. Le braccia sfioravano il rivolo d’acqua stagnante, leggere. Le tracce di sangue erano inesistenti, ma l’espressione del viso lasciava immaginare la sofferenza di quella donna, con gli occhi aperti e spaventati, e le labbra socchiuse, in richiesta di aiuto.
Quando Tom ricevette la telefonata dalla polizia comunale per la comunicazione dello stato della moglie, si lasciò sfuggire una reazione di pazzia, e con furia uscì di casa, dimenticandosi dei figli. Il ragazzino di dieci anni, quando sentì il padre, scese dalle scale chiedendo spiegazioni senza ottenere risposta. Corrotto dalla curiosità infantile, lo seguì di nascosto e, uscito in giardino, vide che in quel momento svoltava l’angolo del vialetto. Dopo pochi isolati, il bambino si trovò di fronte due uomini in divisa e il padre inginocchiato a terra, in pianto. Quando si avvicinò e vide il corpo di sua madre abbandonato a quella tragica fine, pieno di odio e di dolore, scoppiò in lacrime correndo tra le braccia di Tom, che lo strinse forte a sé.
La gioventù di quel bambino fu rovinata per sempre.”

23 settembre 1982.


Quella sera, le strade erano deserte a Swan Hill. Regnava il silenzio. Nessuno calpestava le foglie secche sui marciapiedi, nessun bambino faceva cigolare le catene delle altalene del parchetto. Nemmeno nel ristorante di Harvey, il più popolare del paese, c’era anima viva. Non c’era traccia degli anziani che a quell’ora andavano a buttare la spazzatura, non si sentivano i ragazzini giocare né gli adulti che facevano festa quella domenica d’inizio autunno. Si respirava un’aria funerea persino per la St Home. Quella strada interamente ciottolata, compresa tra due mura, sboccava nella piazza principale del paese. Ed era lì che solitamente i ragazzi sulla ventina facevano il loro ritrovo quotidiano.
Lui camminava con la testa bassa, senza comandare il proprio corpo, affidandosi solo al suo istinto. Passava sopra a quei grossi ciottoli sentendoli aderire sotto la suola delle scarpe. Era sereno ma nello stesso tempo sicurissimo che qualcosa aveva rotto l’atmosfera di sempre.
Quando egli alzò la testa vide la fontana della piazza principale scorgere dall’accumulo di persone radunate in silenzio a semicerchio. Lui si accasciò contro il muro, nascosto, spiando le 1700 persone che abitavano in quel paese radunate come api in quel comune luogo. Stavano immobili, come gelide statue, con lo sguardo che si dirigeva verso una murata color amaranto sopra di loro, espressivamente trasformati dal turbamento. I loro occhi fissavano la figura di una donna di mezza età, inchiodata alla parete, china su se stessa, cosparsa di rivoli di sangue che le sporcavano la veste bianca.
Jayson, aguzzando la vista, riconobbe in quella donna sua zia Elizabeth, con la quale viveva dalla morte della madre avvenuta sei anni prima.
-ZIA!!!-
Urlò contro la folla. Nessuno l’ascoltò. Erano tutti quanti inerti, e lui era invisibile. Però non era sconvolto, tantomeno triste. Aveva già sofferto abbastanza e versato troppe lacrime nel suo passato. Subiva la situazione come un dèjà-vu in quella vita di incubi continui in cui aspettava solamente in momento di svegliarsi.


Capitolo numero 2

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