Prese in mano la sacca e si alzò dal sedile.
“Quel viso, quella borsa, quella voce... Io lo conosco.”
Tutto ad un tratto mio resi conto che la persona con cui avevo parlato per un’ora era il giocatore più famoso della squadra giovanile del Milan. Volevo conoscerlo, dovevo saperne di più. Così quando lui scese decisi di scendere anch'io, trovarlo, parlarci ancora insieme, discutere di un'infinità di cose, avevo in mente già qualche centinaia di domande da fargli.
Lo persi di vista quasi subito. La stazione affollata se l’era inghiottito. Cominciai a vagare per il luogo, senza meta. Non conoscevo il posto, non sapevo nulla e l’unica persona che mi era di riferimento l’avevo persa. L’ansia cominciò a salire e la paura mi travolse, ma ad un certo punto vidi spuntare la sua sacca tra la gente. Così corsi e riuscii a fermarlo.
Quando gli arrivai innanzi, fece uno scatto indietro e io arrivai di fronte al suo petto.
-Sapevo mi avresti seguito, vieni a vedermi giocare?- mi chiese, ed estrasse dalla borsa un pallone da calcio. Lo lanciò in alto e quando ricadde lo fermò sulla schiena, dopodiché iniziò a palleggiare. Ne fece molti di palleggi, tutti precisi e perfetti.
All’improvviso vidi la palla arrivarmi di fronte. Istintivamente lo fermai con il piede sinistro e ripetei i suoi esercizi meglio che potei.
Era strano come in un attimo la gente che era alla stazione per prendere un treno ora stava li, immobile a guardarci. Arrivarono anche due bambini e passai il pallone anche a loro. Se lo passarono un paio di volte, poi lo calciarono in direzione di Andrea, che fermò il gioco. I bambini ci abbracciarono e poi se ne andarono con le loro mamme.
Io e Andrea ci dirigemmo verso lo stadio. Durante il tragitto mi disse che avevo talento, che non c’era motivo di sprecare una passione come la mia e che tra qualche anno magari qualche persona importante mi avrebbe proposto di giocare per una squadra importante.
Si schiarì la voce, come per iniziare un lungo discorso.
-Io sono un ragazzo come un altro, Chris. Sono arrivato a questo punto perché in tutta la mia vita mi sono allenato tanto. Trascuravo la scuola e gli amici l’amore, solo perché volevo arrivare in alto a tutti i costi. Ma se tu non giochi più ti rovini l’opportunità di fare carriera. Pensaci.-
Aveva ragione. Mio padre non aveva il diritto di farmi rinunciare al mio sogno.
Quando arrivammo allo stadio dovemmo separarci. Lui andò a cambiarsi mentre io salii sulle tribune dopo aver pagato l’entrata.
Avvistai un posto vicino ad una ragazza più o meno della mia età che stava a guardare con sua madre. Era molto carina. Aveva gli occhi color nocciola e i capelli molto lunghi fino a metà schiena, liscissimi. Era semplice, diversa dalle altre.
Quando si accorse che la stavo fissando mi guardò sorridendo. Mi voltai dalla parte opposta per la figura. Lei era l’immagine contraria della ragazza che mi piaceva, eppure c’era qualcosa in lei che mi pareva inusuale.
Entrarono i giocatori, seguiti dagli applausi dei tifosi che alzavano in aria le bandiere e gli striscioni.
“Quel viso, quella borsa, quella voce... Io lo conosco.”
Tutto ad un tratto mio resi conto che la persona con cui avevo parlato per un’ora era il giocatore più famoso della squadra giovanile del Milan. Volevo conoscerlo, dovevo saperne di più. Così quando lui scese decisi di scendere anch'io, trovarlo, parlarci ancora insieme, discutere di un'infinità di cose, avevo in mente già qualche centinaia di domande da fargli.
Lo persi di vista quasi subito. La stazione affollata se l’era inghiottito. Cominciai a vagare per il luogo, senza meta. Non conoscevo il posto, non sapevo nulla e l’unica persona che mi era di riferimento l’avevo persa. L’ansia cominciò a salire e la paura mi travolse, ma ad un certo punto vidi spuntare la sua sacca tra la gente. Così corsi e riuscii a fermarlo.
Quando gli arrivai innanzi, fece uno scatto indietro e io arrivai di fronte al suo petto.
-Sapevo mi avresti seguito, vieni a vedermi giocare?- mi chiese, ed estrasse dalla borsa un pallone da calcio. Lo lanciò in alto e quando ricadde lo fermò sulla schiena, dopodiché iniziò a palleggiare. Ne fece molti di palleggi, tutti precisi e perfetti.
All’improvviso vidi la palla arrivarmi di fronte. Istintivamente lo fermai con il piede sinistro e ripetei i suoi esercizi meglio che potei.
Era strano come in un attimo la gente che era alla stazione per prendere un treno ora stava li, immobile a guardarci. Arrivarono anche due bambini e passai il pallone anche a loro. Se lo passarono un paio di volte, poi lo calciarono in direzione di Andrea, che fermò il gioco. I bambini ci abbracciarono e poi se ne andarono con le loro mamme.
Io e Andrea ci dirigemmo verso lo stadio. Durante il tragitto mi disse che avevo talento, che non c’era motivo di sprecare una passione come la mia e che tra qualche anno magari qualche persona importante mi avrebbe proposto di giocare per una squadra importante.
Si schiarì la voce, come per iniziare un lungo discorso.
-Io sono un ragazzo come un altro, Chris. Sono arrivato a questo punto perché in tutta la mia vita mi sono allenato tanto. Trascuravo la scuola e gli amici l’amore, solo perché volevo arrivare in alto a tutti i costi. Ma se tu non giochi più ti rovini l’opportunità di fare carriera. Pensaci.-
Aveva ragione. Mio padre non aveva il diritto di farmi rinunciare al mio sogno.
Quando arrivammo allo stadio dovemmo separarci. Lui andò a cambiarsi mentre io salii sulle tribune dopo aver pagato l’entrata.
Avvistai un posto vicino ad una ragazza più o meno della mia età che stava a guardare con sua madre. Era molto carina. Aveva gli occhi color nocciola e i capelli molto lunghi fino a metà schiena, liscissimi. Era semplice, diversa dalle altre.
Quando si accorse che la stavo fissando mi guardò sorridendo. Mi voltai dalla parte opposta per la figura. Lei era l’immagine contraria della ragazza che mi piaceva, eppure c’era qualcosa in lei che mi pareva inusuale.
Entrarono i giocatori, seguiti dagli applausi dei tifosi che alzavano in aria le bandiere e gli striscioni.
CAPITOLO NUMERO 5
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