...il solo sapere che un buon libro sta aspettando alla fine di una lunga giornata rende quella giornata più felice...

Kathleen Norris

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domenica 15 novembre 2009

CAPITOLO 6 - GRAZIE MATEMATICA

Arianna mi accompagnò al campo dove ci aspettavano due uomini vestiti in borghese. Quando mi avvicinai a loro mi diedero una borsa e mi dissero di cambiarmi.
La borsa conteneva un paio di scarpe da calcio piuttosto lucide e un pallone.
Me le infilai sul bordo del campo e prendendo il pallone in mano ritornai da loro.
Mi chiesero di palleggiare e quando ebbi finito una serie da cinquanta fecero posizionare Andrea, che intanto era arrivato, in porta. Il primo tiro fu parato e così pure il secondo ma il terzo andò dritto in rete. Al diciottesimo la palla sfiorò la traversa, ma prima di toccare terra la intercettai e con una parabola, passò alle spalle di Andrea.
-Basta così.- Dissero i due uomini e mi fecero segno di avvicinarmi.
Ero per lo più preoccupato che stanco e questo mi provocava una leggera tensione.
-Sarebbe davvero un passo avanti averti nella nostra squadra. Sei giovane e hai talento e passione. Saresti interessato?-
-Si, l’unico problema saranno i miei genitori. Se fosse per me entrerei anche subito ma presumo che dovrò parlarne con loro-.
-Facci sapere al più presto-. E mi lasciarono un foglietto con un numero di telefono, dopodiché se ne andarono.
Mi colse all’improvviso la fame. Era da minimo sette ore che non toccavo cibo. Probabilmente Andrea se ne accorse perché decise di portare me e la sorella al bar per mangiare un trancio di pizza. Fu esattamente lì al Bar che per caso buttai l’occhio all’orologio appeso alla parete. Erano quasi le sei.
-Devo tornare a casa!- dissi, sorpreso.
Appena finimmo di mangiare Arianna mi venne vicino e mi chiese: -Ci rivedremo?-
-Assolutamente!- le risposi. Ero davvero felice che ci tenesse a me. Prima di salire sul treno mi diede un bacio sulla guancia. Andrea mi strinse la mano. Ero sicuro che quello era un “arrivederci”.
Tornato a Vicenza presi l’autobus per tornare a casa. “Come potranno reagire i miei quando mi vedranno?” pensai e mi misi a decifrare tutti i possibili casi. Primo, si sarebbero infuriati e non mi avrebbero parlato per un bel po’; secondo, penseranno che sono stato dagli amici ma vedendo che non rispondevo al telefono avrebbero subito telefonato a casa di qualcuno per sapere dov’ero; ultimo, ma meno probabile, saranno preoccupati pensando che mi fosse successo qualcosa.
Scesi alla mia fermata e quando arrivai davanti la porta di casa esitai un attimo prima di bussare. Ma non feci a tempo e la porta si aprì e ad accogliermi c’erano i miei genitori che mi abbracciarono.
-Dove sei stato Chris? Non rispondevi al cellulare, non ti abbiamo più visto...-
Entrai in casa e subito mi fecero la domanda che mi sarei aspettato e l’unica a cui avrei avuto problemi a rispondere.
-Promosso?- la voce di mio padre era più sciolta del solito. Io li guardai negli occhi e quasi sussurrando dissi -No. Rimandato in matematica.-. Seguì mezzo minuto di silenzio.
-Non volevo tornare a casa, per non rovinarvi la giornata. Sono salito su un treno e sono sceso a Milano. Durante il tragitto ho incontrato Andrea, un giocatore della squadra giovanile del Milan che stava andando a giocare e mi ha invitato ad assistere alla partita. Prima di entrare allo stadio abbiamo fatto un paio di passaggi e ha visto in me un futuro in quello sport.-
-E quindi? Cosa ci hai guadagnato?-. Mi interruppe mia madre.
-Un posto nella squadra dei giovani. Andrea ha riferito ad un talent scout della mia passione e questi mi hanno voluto vedere. Sarebbe davvero il mio sogno se voi mi lasciaste…-
Ma se andarono in cucina, entrambi, sbattendo la porta e senza lasciarmi finire di parlare. "Classico" pensai. Andai in camera mia a mi accesi la televisione, addormentandomi poco dopo.

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