La ragazza usciva in quel momento da casa sua, chiudendo la porta con la notevole chiave d’argento che luccicava al brillare del sole. Alle spalle si lasciava un edificio considerevolmente moderno e perfettamente centrato in un giardino in cui ci si poteva benissimo costruire un Luna Park. Con passo sensuale, facendo attenzione a mettere adeguatamente un piede davanti all’altro per far risaltare la bellezza della sua camminata, si dirigeva verso il cancello principale. Li, ad attenderla, c’era la sua limousine bianca. Entrò accompagnata dall’autista che le apriva la porta mentre lei stava attenta a non stropicciare la giacca estiva, in cui era appoggiato Taylor, in braccio alla ragazza. Taylor era il suo spitz, un cagnolino di taglia piccola che quel venerdì, come ogni settimana, stava andando a farsi la toelettatura, mentre la padrona spendeva i suoi quattrini in lampade, manicure e pedicure.
Eleonora, invece, stava distesa nel suo letto, osservando il fratellino che, con le lego, si costruiva il camion dei rifiuti. Non pensava a nulla, nemmeno al fatto che il giorno dopo avrebbe lasciato la sua famiglia per una settimana. Il giorno successivo sarebbe partita con la sua classe del liceo scientifico per una vacanza studio di destinazione Spagna. Ci aveva già pensato troppo il mese antecedente, immaginandosi alle uscite in quella meravigliosa città che avrebbe visitato: Madrid. Fatto sta che quel venerdì non era nemmeno un po’ nervosa per la partenza. Insomma, solitamente la gente si preoccupa del viaggio in aereo, della salute, dei vestiti e degli optional che dovrebbe portarsi via. Invece lei fissava il soffitto, l’azzurro satinato di cui era dipinto, senza pensare alle circostanze. Sua madre entrò di colpo, facendola alzare di soprassalto. -Ele, hai preparato la valigia? -. Lei fece cenno negativo con il capo, facendo aggrottare le sopracciglia della madre, un po’ scocciata. -Fa in modo che siano pronte prima delle sette di sera -, concluse, andandosene. Eleonora però, sapeva benissimo che la reazione del genitore era influenzata dalla sua partenza. Dopotutto, una madre è sempre un po’ in ansia per i propri figli. Senza farselo ripetere, colmò quelle due ore che precedevano l’orario di cena per riempire la sua valigia di pelle con qualche paio di jeans, delle t-shirt carine e un paio di vestiti eleganti in caso di sera fossero usciti in qualche locale al top. Ci mise all’interno anche il suo profumo preferito e gli accessori indispensabili per stare lontana da casa per una settimana.
Il giorno seguente si alzò grazie alla sveglia, alle cinque del mattino. Doveva prepararsi in due ore, controllare se aveva preso tutto e abbandonarsi a qualche minuto per rendersi conto che la situazione non fosse un sogno. Andò a farsi una doccia, dopodiché passò ai capelli. Indecisa se farsi la solita coda di cavallo, oppure una treccia più curata, li lasciò cadere naturali lungo la schiena. Si mise un po’ di eyeliner per far risaltare i suoi occhi azzurri coronati dal biondo dei suoi capelli lisci. Diede una controllata veloce alla valigia, poi partì con la madre verso l’aeroporto lasciando sopra al comodino del fratello una lettera di saluto, per non disturbare il suo dolce sonno. Ad aspettarla c’erano i suoi compagni, alcuni con il borsone, altri con bauli giganteschi. Per riassumere le due ore e mezzo di viaggio diciamo solamente che per tutto il tragitto Eleonora pensava, con la sua migliore amica che le era seduta accanto, alle foto che avrebbe scattato da mettere poi nel loro album, ma soprattutto sognavano i ragazzi spagnoli che avrebbero incontrato!
Arrivati a destinazione, trovarono ad aspettarli, 26 ragazzi che sarebbero stati i loro compagni di casa per sette giorni. I professori di entrambe le scuole si presentarono, riuscendo a capirsi per la somiglianza delle due lingue. Eleonora intanto chiese il permesso di prendersi un tè al bar, per calmare il mal di stomaco che le aveva procurato il distacco da terra. Quando tornò dai prof, vide che avevano già cominciato ad associare a ognuno il proprio compagno. A lei sarebbe toccata una ragazza di cui non si ricordava il nome, uno tipo Mora o Milagros, ma che in quel momento le sfuggiva. A Eleonora, però, non le misero di fianco nessuna Mora e nessuna Milagros, e i professori si guardarono con circospezione. Non c’era la sua compagna. A quel pensiero, dal corridoio di destra, vide avanzare a passi regolari una tipa in giacca bianca, aperta in un vestito beige sopra al ginocchio. Aveva i capelli lunghi, di un biondo tinto e la parte superiore del viso era coperta da un paio di grandi occhiali da sole. Il rumore dei suoi tacchi faceva eco per tutto il corridoio, conquistandosi l’attenzione di tutti. Era più simile a una stella di Hollywood più che a una studentessa. Quando arrivò di fronte ad Eleonora, questa si sentì assurdamente inferiore e malmessa in confronto alla ragazza in stile Lady Gaga che li stava di fronte. La tipa però, si dimostrò subito garbata, e dopo una stretta di mano le disse il suo nome. Mireya. Si tolse gli occhiali da sole, per educazione. Aveva un viso simpatico. Pur avendo quell’aria un po’ da snob, le fece un sorriso timido, vedendo che l’Italiana la stava fissando come fosse una modella.
Detto questo, quello che accadde nelle ore successive fu di essere accompagnati agli alloggi. Ognuno partì a piedi con il proprio studente spagnolo, intanto riuscendo a visitare qualche spezzone della bellissima città di Madrid. Quando Eleonora si trovò davanti alla casa di Mireya, pensò, anzi fu convinta, che avessero sbagliato abitazione. Invece la ragazza aprì il cancelletto accompagnandola all’interno della sua villa. Ele si fermò all’ingresso, per togliersi le scarpe, ma l’altra le fece capire che non ce n’era bisogno, e la condusse nella sua stanza a portare la valigia. Ovviamente, come riguardo al resto della casa, si sentì tremendamente nervosa. La sua stanza aveva un letto che era a dir poco favoloso, era un peccato perfino sedersi. Nelle pareti, erano appese riproduzioni di quadri di famosi pittori, di cui Eleonora riconobbe anche Klimt.
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